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'ndemo xente

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'ndemo xente

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  'NDEMO XENTE (integrale)
 

L'opera musicale “'Ndemo xente” consiste in 14 canzoni in lingua veneta di cui otto scritte da Leo Miglioranza e le rimanenti sei da altri 6 cantautori trevigiani: Gianluca Nuti, Alberto Cendron, Antonio “Mastro Buba” Ferracin, Davide Camerin, Giorgio Barbarotta e Alberto Ceschin.

 
 
 
 
 
 
Sono state tutte arrangiate ed eseguite da Leo Miglioranza con Valentino Favotto al pianoforte, Fender Rhodes, Hammond e suoni di Synth, Nicola “Accio” Ghedin alla batteria, Stefano Andreatta al basso elettrico.
Hanno suonato inoltre Stefano Maroelli le chitarre elettriche ed acustiche, Mauro Gatto le percussioni, Mattia Martorano il violino. Piergiorgio Caverzan il clarinetto, Marco Napoletano l'armonica a bocca, Christian Tonello la fisarmonica e Mirco Benedetti la batteria nella parte finale della canzone “Toni da Rovigo”.
Sono intervenuti in qualità di voci ospiti: i cantautori Alberto Cantone, Erica Boschiero, Massimo Francescon, Ricky Bizzarro e il batterista Iseo Pin.
La scelta dell'uso della lingua veneta (che ha portato al sostegno da parte della Regione Veneto) non è casuale e le ragioni sono molteplici:
- Introduciamo l'argomento avvalendoci di un bellissimo pezzo tratto dal romanzo”Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello, uno dei più importanti scrittori del '900 :
“La lingua si muove come una corrente: normalmente il suo flusso non si avverte, perché ci siamo dentro, ma quando torna qualche emigrato si può misurare la distanza da dove è uscito a riva. Tornano dopo dieci anni, dopo vent’anni dalle Australie, dalle Americhe: in famiglia hanno continuato a parlare lo stesso dialetto che parlavano qui con noi, che parlavamo tutti; tornano e sembrano gente di un altro paese o di un’altra età. Eppure non è la loro lingua che si è alterata, è la nostra. ? come se anche le parole tornassero in patria, si riconoscono con uno strano sentimento, spesso dopo un po’ di esitazione: di qualcuna perfino ci si vergogna un poco.”1)
Luigi Meneghello

1) L. Meneghello, Libera nos a Malo, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli - collana “I grandi romanzi”, 2006 .
Infatti, nonostante molte iniziative pro conservazione con testi, che ne regolarizzino l'uso, la lingua (ogni lingua), tende inevitabilmente a cambiare, a contaminarsi, a “modernizzarsi”.
Si tende a un linguaggio sempre più massificato, standard.
Da qui il primo impulso a fermare, a fotografare il veneto, lingua parlata nelle sue varie accezioni da circa due milioni di persone, com'è oggi.
Non dunque su di una base musicale antica (nell'immaginario collettivo è solitamente collocata nell'ambito del canto popolare) ma su degli arrangiamenti attuali, cercando suoni e soluzioni artistiche nuove così da poter raggiungere anche un pubblico più giovane.
- L'intenzione di coinvolgere e di far sentire la voce di un gruppo di autori del trevigiano che fra loro collaborano e che da anni cercano di far sentire le proprie canzoni con grande fatica poichè da una parte ci sono i grandi circuiti che sono occupati dalla musica cosiddetta di commercio, costruita e confezionata per il consumo immediato da parte di un pubblico il più vasto possibile (da quì si capisce di quale sostanza possa consistere), dall'altra i locali che possono permettersi solo chi fa cover per garantirsi l'affluenza numerosa dei fans dei nomi già famosi e così gli spazi che a loro rimangono sono davvero pochi, nonostante molti riconoscimenti, premi prestigiosi ed esibizioni su importanti palcoscenici.
- poi perchè certe espressioni, certi termini, certi accenti nei modi di dire hanno una musicalità tutta loro, quasi impossibili da tradurre su carta o da mettere in bocca a qualche attore di teatro o di cinema che non ne faccia un uso quotidiano...
- infine e non ultimo per il tema principale che fa da filo conduttore a tutto l'album.
Il comun denominatore dei 14 testi infatti è il rapporto tra l’essere umano (sia inteso come individuo che come collettività) e gli elementi naturali in determinati contesti sociali ovvero in luoghi, usanze, tradizioni, mestieri...che sono radicalmente ed inesorabilmente mutati nel tempo.
I brani sono ambientati nel mondo della provincia veneta in un periodo che va dall 'inizio del '900 ai giorni nostri, e che ha visto, soprattutto nella seconda metà (dagli anni '60 in poi), una società di stampo contadino diventare sempre più industriale e meccanizzata.
Gli elementi naturali fuoco, terra, acqua e aria, sono presenti in tutte le canzoni coi i loro ruoli e le funzioni che sono andate perdendosi: il fuoco come elemento di aggregazione (il focolare domestico o il “panevin”); la terra, come “casa” del mondo contadino, le stalle, i cortili, l’osteria, la chiesa, la piazza del paese, il mercato...; l’acqua, oltre ad essere fonte inesauribile di vita, come generatrice di energia (mulini); e infine l’aria vista come l’elemento più spirituale, laddove nulla permane ma tutto vola e viaggia, dai racconti alle usanze.
Diversi brani raccontano di mestieri ormai scomparsi e di cui vale la pena parlare proprio perché anch'essi indissolubilmente legati agli elementi della natura ma ancor di più perchè per molto tempo hanno caratterizzato chi li praticava, ne valorizzava il carattere e le attitudini.
Non comunque un operazione di nostalgia o di retorica tradizionalista anche perchè non potrebbe essere sentita dall'autore che non ha vissuto in un passato tanto remoto ma bensì degli spunti per
riflettere, discutere e magari venirne a capo su molti punti lasciati indietro negli ultimi anni.
Anni che hanno trasformato in fretta le cose ma non altrettanto ci sono riusciti con la gente.
L'essere umano è al centro di quest'opera, i suoi sentimenti, le paure, la sua spiritualità, il suo bisogno di appartenenza, di identità, Il suo bisogno di non perdersi fra le modernità che dividono o nascondono. Il bisogno di vedere il passato per capire il presente, e poter guardare senza timore al futuro. Andiamo gente...anzi: 'Ndemo xente!.